Ad oggi (fine settembre 2021), i regolamenti europei contenenti le disposizioni per la PAC post 2022 non sono stati ancora pubblicati sulla Gazzetta Ufficiale, ma circolano delle versioni elaborate dopo il compromesso politico raggiunto dalle tre Istituzioni di Bruxelles a fine giugno, dalle quali emergono elementi rilevanti su cui vale la pena soffermare l’attenzione.
A differenza del precedente ciclo di riforma, la cui validità era inizialmente fissata per il settennio 2014-2020, successivamente esteso di un ulteriore biennio fino a tutto il 2022, quello appena concluso si caratterizza per il contenuto chiaro, ordinato e di più agevole interpretazione.
Si ritiene che tale risultato derivi da uno sforzo consapevole messo in campo dalle istituzioni coinvolte e dalla decisione, alla base del disegno di riforma, di trasferire molte competenze ai singoli Stati membri e limitare l’intervento europeo alla predisposizione di una cornice di riferimento unica per i 27 Paesi membri.
I testi dei regolamenti e, in particolare, quello contenente i tre fondamentali strumenti della PAC (pagamenti diretti, interventi settoriali e sviluppo rurale) sono più snelli rispetto al passato e con pochi articoli sono trattate materie in precedenza normate da corpose disposizioni e da svariati allegati, oltre che da una ampia legislazione secondaria (atti delegati e di esecuzione).
Tanto per citare qualche esempio, il complicato argomento dei pagamenti disaccoppiati è affrontato attraverso una trentina di articoli, il più lungo dei quali non contiene più di sette paragrafi.
Il regime oggi in vigore (Regolamento 1307/2013) prevede quindici articoli per definire il SOLO funzionamento del regime del pagamento di base attraverso l’utilizzo dei titoli storici individuali ed alcuni di questi (ad esempio gli artt. 24, 25 e 26 relativi alla prima assegnazione ed al calcolo del valore del diritto all’aiuto) sono talmente complicati da comportare difficoltà di comprensione e di interpretazione anche agli esperti più preparati.
C’è un secondo aspetto che merita di essere evidenziato ed è la decisione, proposta dalla Commissione europea e confermata dal Parlamento e dal Consiglio, di evitare la scelta compiuta nel ciclo di riforma precedente, con la quale si è decretata la scadenza dei titoli storici in circolazione, il che ha comportato la necessità di procedere ad una nuova assegnazione, partendo da un diverso periodo di riferimento.
Dal 2023 al 2027, qualora un Paese membro decidesse di mantenere i diritti di pagamento, dovrà semplicemente provvedere all’adeguamento del valore unitario, mantenendo fermi tutti gli altri elementi, come ad esempio il soggetto che detiene la titolarità.
È evidente l’impatto di tale scelta in termini di minore probabilità di innesco del contenzioso tra proprietari ed utilizzatori di titoli PAC disaccoppiati che hanno sottoscritto particolari clausole all’interno dei contratti che regolano l’affitto dei terreni.
La riforma PAC 2023-2027 sopprime il dispositivo dell’inverdimento (greening) e, in sostituzione, come strumento per migliorare le prestazioni ambientali dell’azienda agricola, è stato introdotto il regime ecologico.
Il primo ha generato qualche elemento di conflittualità negli ultimi anni, soprattutto quando la determinazione del canone è stata agganciata al valore dei pagamenti diretti incassati annualmente dall’agricoltore beneficiario.
Bisogna considerare l’importo corrisposto in conto greening, come elemento del compenso da corrispondere al proprietario del fondo? Oppure questa indennità deve essere trattenuta da chi gestisce il terreno?
Come noto, su tale aspetto si contrappongono visioni differenti e, ad oggi, non si è giunti ad una univoca soluzione.
Il regime ecologico non sembra comportare dubbi sotto tale profilo, in quanto è impostato come una lista nazionale di pratiche e approcci gestionali con effetto benefico sul clima e sull’ambiente. Ogni agricoltore decide volontariamente se aderire o meno, impegnandosi ad attuare una o più delle pratiche elencate, ricevendo, come contropartita, un premio supplementare che può essere erogato o sottoforma di incentivo tale da indurlo ad operare la scelta, oppure come compensazione per i maggiori costi o i minori guadagni conseguenti all’impegno assunto.
Di contro, ci sono elementi della nuova PAC che potrebbero comportare nuovi conflitti nell’ambito delle relazioni contrattuali sul mercato fondiario. C’è la tendenza di prevedere impegni di natura climatica ed ambientale di lungo periodo e di promuovere azioni collettive a livello territoriale che prefigurano scelte uniformi e coordinate da parte di più imprese agricole, in maniera da esaltare l’impatto positivo delle pratiche virtuose attuate.
La nuova PAC inoltre, tende ad esigere (quando sono previsti specifici obblighi di condizionalità) ed a premiare (quando determinati comportamenti prevedono una componente di incentivo) scelte gestionali degli agricoltori che implicano interventi strutturali sulle parcelle agricole. È questo il caso, ad esempio, della creazione di oasi per la biodiversità e della costituzione di elementi caratteristici del paesaggio.
C’è da considerare che molte delle decisioni sul funzionamento dei diversi strumenti della PAC sono attribuite alle autorità nazionali (il Ministero per quanto riguarda il regime dei pagamenti diretti e gli interventi settoriali e le Regioni in relazione allo sviluppo rurale). Di conseguenza, una valutazione più solida potrà essere eseguita solo dopo la pubblicazione del Piano strategico nazionale e dei conseguenti provvedimenti applicativi e bandi.
Ermanno Comegna
Consulente esperto di economia e politica agraria
Roma, 29 settembre 2021